Marco Host. Dal pennello alla spatola. Tecniche di cancellatura per un’emersione dell’immagine disturbata


 

di Federica Maria Itria Scano


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A partire dagli anni Ottanta il disegno in Marco Host si è sviluppato nel solco della ricerca sugli illustratori per il cinema ed il fumetto, fra questi, un riferimento costante per l’artista è certamente costituito dalle tavole dello statunitense Frank Frazzetta, autore per l’arte fantasy e fantascientifica.

Sul finire degli anni Novanta Host ha intrapreso lo studio dell’anatomia applicata al fumetto seguendo le classi dell’illustratore Simone Bianchi, focalizzandosi in particolare sulla resa dell’anatomia dinamica.

Dal 2010 l’artista registra un cambio di rotta nella scelta degli strumenti e dei soggetti: sostituisce i pennelli sottili per le tavole da illustrazione con pennelli progressivamente sempre più grandi; le pennellate si fanno meno dettagliate e sempre più corpose e grasse e va costantemente aggiungendosi più materia, nonché maggiore “asperità” nelle figure, la cui immagine va stringendosi sul volto, fino al ritratto.

La produzione ritrattistica è indubbiamente quella più segnante degli ultimi cicli pittorici di Marco Host realizzati con un’ispirazione figurativa che si addiziona a componenti astratte per quanto, in particolare, riguarda la cifra del colore.




L’ultimo approdo tecnico dell’artista per la stesura diretta del colore sulla tela è lo strumento della spatola, medium ideale per ridurre nell’esecuzione -che è generalmente d’impeto e si consuma in pochi giorni- la distanza fra Host ed il suo tratto pittorico.

I tipi di pittura prediletti sono l’acrilico e la pittura da parete, la quale consente ampie campiture di colori neutri come sfondo, elemento, quest’ultimo, chiave per la lettura delle sue opere.

I ritratti di Host sembrano infatti lottare con gli sfondi monocromi e ordinati da cui emergono, quasi imbrigliati, come in un moto volitivo di ribellione.



Composti, diretti, talora inchiodanti, sono gli sguardi dei volti hostiani che si delineano dall’uniformità sottostante in un coacervo di linee spezzate e macchie di colore che contrastano con l’armonia e la pulizia del disegno base: le immagini risultanti sono così come disturbate da un’interferenza di colore che, intermittente, ne interrompe la lettura.

L’artista ha descritto in un’intervista rilasciatami il processo di “cancellatura” operata con le spatole come un atto di 

«sottrazione della bellezza»

come quel momento in cui 

«andavo a togliere quelle anatomie perfette per creare delle linee e cancellare preciso»

Il gesto della sottrazione diviene così operazione irreversibile che include il rischio dell’errore, ossia, lo scatto d’adrenalina.

Secondo l’artista il tratto cromatico coprente, quasi obliterante, va a posarsi 

«in un punto in cui deve necessariamente stare, e non altrove»

Si concretizza in questo modo la manifestazione quasi “per emersione” del volto dal silenzioso fondo ad una superficie visuale dichiarata ed eloquente.




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