Etnicità e luoghi del possibile. Il Mare di Renata Prunas



Renata Prunas
Il Mare

1988, mix  media, 70x70 cm
Roma, collezione privata 

di Federica Maria Itria Scano

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Nell’opera Il Mare, esposta per la prima volta nel 1999 nel centro culturale Bibli di Roma in occasione della mostra “Arte e Letteratura”, l’artista lavora su una superficie quadrata campita in tre sezioni con un primo terzo, partendo dal basso, in cui la cucitura del collant delimita un’area curvilinea di un blu intenso che si distende più tenue nel secondo terzo della superficie, orientato in senso opposto rispetto al velo più scuro.
Nella banda che occupa il restante spazio compaiono due forme, di piccole isole appuntite, come fossero piccoli vulcani. 
Il telaio che funge da supporto è avvolto dal collant che letteralmente lo veste, così da presentare ad un tempo unite la superficie iconografica e la sua cornice, come un continuum.
L’opera è stata dedicata dall’artista a posteriori ad Anna Maria Ortese, autrice de “Il Mare non bagna Napoli” (Adelphi, 1953) raccolta di racconti e reportage sulla città partenopea degli anni Cinquanta, percorsa dall’orrore profondo della miseria nel decennio che ha seguito la seconda guerra. 
Il testo è la cronaca di uno spaesamento, un resoconto di vibrante nevrosi sulla non accettazione del reale dal sapore critico, talora anche pungente e impietoso. 
Il titolo è probabilmente ispirato da una poesia di Scognamiglio “Due poesie per la città”, pubblicata su Sud il 20 giugno 1946.
Oggi i caratteri in ferro e vernice bianca che compongono l’ossimoro “Il mare non bagna Napoli” si aprono come allestimento site-specific della collezione Bianco-Valente, sulla terrazza del museo Madre di Napoli; tale espressione, apparentemente assurda, esprime il senso della negazione dell’orizzonte e, di conseguenza, delle possibilità. 
Descrivendo la gente dei quartieri più popolosi Ortese scrive: «Qui, il mare non bagnava Napoli. Ero sicura che nessuno lo avesse visto, e se lo ricordava. In questa fossa oscurissima, non brillava che il fuoco del sesso, sotto il cielo nero del sovrannaturale».
Nello stesso decennio, dal 1955 al 1959 una giovane Prunas si occupa delle prime indagini di mercato realizzate in Italia su prodotti di consumo. 
È in questa occasione che conosce “un altro” popolo, poiché la raccolta dei dati statistici dalla classe A alla classe F avveniva per presa diretta, in tutti i quartieri della città, senza discriminazioni di ceto: si apre così un ventaglio talmente ampio di differenze culturali da mostrare un altro volto di Napoli, una etnicità più profonda e quasi interrata da un sostrato culturale denso di disagio sociale e povertà.
“E quindi ho conosciuto Napoli e ho corretto in un certo senso la mia conoscenza di un altro popolo, perché è veramente un altro popolo, non aveva niente a che fare ad esempio con quello sardo che io ipotizzavo… in un certo senso la sardità è un fatto che è in me. Io mi considero sardo-napoletana. Io ho preso da Napoli quello che c’era di bello, di buono e di entusiasmante che Napoli mi ha dato”
Tanto sono singolari i dati emersi dalle indagini statistiche, quanto più presente era l’attività dei mercati neri che diffondevano su più ampia scala sia i beni di consumo tradizionali che le riviste periodiche, del genere fotoromanzo, quali Sogno o Grand Hotel
Racconta Prunas che le evidenti disomogeneità di dati si discostavano tanto dalla media nazionale da portare i fatti all’attenzione degli ispettori statistici di Milano che non si capacitavano di come famiglie di dieci e più persone, che vivevano in stanze senza nemmeno finestre e in condizioni di povertà assoluta, comprassero riviste di svago:
“[…]Certo. Una famiglia lo compra, e poi lo leggono in dieci nel vicolo”
In una città certamente unica nel suo genere come Napoli, cuore pulsante di attività creative piuttosto trasversali ed in incessante fermento, aprire uno sguardo sul concetto di popolo, di etnia, di mare è quanto di più stimolante per l’occhio del viaggiatore: così come l’opera di Prunas si compone in progressive velature e scolpisce dimensioni dinamiche e sfumate, allo stesso modo la vita dei popoli che si succede nei decenni si configura come un fluido inarrestabile di apporti di caratteri e tratti salienti che, tutti diversi, vanno poi a costituire un quadro d’insieme: l’identità di un popolo.
Il mare, luogo vasto, che connette le terre attraverso vie non tracciate, spesso percorse alla volta di un abbandono e di una speranza, da secoli si profila nel suo orizzonte come un’apertura. 
Talvolta però questo spazio, così grande rispetto all’Uomo, lo inghiotte e lo porta con sé, nel naufragio che non è di uno solo, ma di un’intera umanità che si perde con lui.
Ecco come talvolta ciò possa accadere anche in terra ferma, come per il titolo Il mare non bagna Napoli, privando fondamentalmente le persone dell’orizzonte. 
Ciò spesso accade quando vengono meno gli strumenti critici fondamentali, l’istruzione e l’educazione. 
Ecco perché una lettura ragionata sull’Arte, che per sua connaturata virtù è foriera di comunicazione fra le culture, può aprire uno spiraglio verso orizzonti, che seppure non nuovi, possono portare noi ad approdare diversi su nuovi lidi.





Renata Prunas e l'opera Il Mare, anni Ottanta





                                    Il Mare, 1988 (particolare)



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